GALLARATE - Alla sera del 14 marzo 2000 il piccolo imprenditore Cosimo Iannece si presenta alla porta di un gruppo di muratori che lavora per lui; vivono in dodici in una casa di tre stanze.
Ha una tanica di benzina. La versa addosso a uno dei muratori, estrae un accendino «che si è portato in tasca» e dà fuoco a una persona.
L’uomo devastato dalle fiamme si chiama Ion.
Ion Cazacu. Ingegnere laureato all’Università di Craiova, in Romania, costretto in Italia a fare il muratore.
Con ustioni sul 90% del corpo, viene trasferito a Genova, ai grandi ustionati: morirà un mese dopo, a quarant’anni.
Anno 2025, venticinque anni dopo.
Incontriamo Florina Cazacu, figlia di Ion (diciassettenne all’epoca dei fatti), non troppo lontano da quella via Pietro Micca, nel quartiere a fianco, a Gallarate.
«La storia ci insegna solo se ci mettiamo impegno per ricordare, fare memoria. C’è gente che ancora non accetta l’idea di un fatto così grave, che sia accaduto, che sia accaduto qui», dice rievocando questo quarto di secolo passato dal giorno in cui fu aggredito suo padre.
Oggi Florina vive e lavora nel Gallaratese, come anche la sorella Alina. «Nostra mamma invece è rientrata in Romania per aiutare i nonni».
Florina Cazacu ha continuato per anni a raccontare la storia di suo padre, anche grazie all’amicizia con Dario Fo, che propose la pubblicazione del suo diario (intitolato “Viaggio di sola andata”) in un libro-inchiesta, portato anche al Teatro del Popolo, quindici anni dopo l’omicidio.
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