mercoledì 26 giugno 2024

Giudice di Crotone annulla il fermo della nave salva naufraghi della ong Sos Humanity e condanna il governo a pagare le spese

 


Vittoria per la ong tedesca Sos Humanity, la cui nave umanitaria, la Humanity 1, era stata sottoposta a fermo amministrativo lo scorso marzo, dopo aver soccorso 77 migranti alla deriva su diversi barchini nel Canale di Sicilia. Il giudice del Tribunale civile di Crotone, Antonio Albenzio, ha oggi definitivamente sciolto la riserva sul ricorso, annullando il provvedimento di fermo.

Le contestazioni alla Humanity

Sulla base di alcune mail inviate alle autorità italiane dalla guardia costiera libica, alla Humanity veniva contestato di aver ostacolato i soccorsi dei migranti da parte dei militari libici. Gli stessi, però, che proprio contro soccorritori e migranti avevano sparato più colpi di arma da fuoco.

Nella memoria depositata agli atti dagli avvocati dello Stato, veniva ribadito in ogni caso come il governo credesse nella tesi della guardia costiera libica, ovvero all’inosservanza da parte della Humanity 1 dell'ordine di allontanamento che era stato formulato dalla motovedetta libica.

L’annullamento del fermo e la condanna al governo

Oggi invece il tribunale dà ragione Sos Humanity, accogliendo il ricorso che aveva presentato. Il giudice ha inoltre condannato ministero delle Infrastrutture, ministero dell'Interno e Questura di Crotone, ministero delle Finanze, Guardia di finanza sezione operativa navale di Crotone e rappresentati dall'avvocatura di Stato di Catanzaro a rifondere alla Ong la somma di 14 mila euro per le spese di lite.

La sentenza: “La Libia non è un porto sicuro”

La decisione del giudice ricalca la sentenza già espressa dalla Corte di Cassazione l'1 febbraio 2024, la n. 4557, secondo cui “allo stato attuale non è possibile considerare la Libia un posto sicuro”, nonostante il rinnovo del memorandum di intesa tra Italia e Libia, siglato nel 2017 per gestire i flussi migratori.

Il contesto libico, dichiara il giudice, è “caratterizzato da violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani”, e ricorda come il Paese non abbia mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati.

Albenzio cita anche i rilievi dell'Alto commissariato dell'Onu che “in più occasioni ha evidenziato il mancato rispetto durante le operazioni di recupero espletate dalla guardia costiera libica, dei diritti fondamentali della persona”. Elementi sufficienti “per escludere l'esistenza di qualsivoglia qualificazione delle operazioni effettuate dalla guardia costiera libica, con personale armato e senza individuazione di un luogo sicuro conforme ai parametri internazionali, come operazioni di salvataggio, nel senso riconosciuto dalla plurime fonti internazionali”.

“Logico corollario - scrive Albenzio - è che nessuna condotta ostativa è riscontrabile nei confronti della ong coinvolta”, la quale al contrario “è risultata l'unica imbarcazione ad intervenire per adempiere, nel senso riconosciuto dalle fonti internazionali, al dovere di soccorso in mare dei migranti”.


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