GARDOLO ( TRENTO )- Un cittadino classe 1984, che sta scontando una condanna in carcere a Trento per lesioni gravi, ha sfregiato la moglie, una quarantenne trentina, durante un colloquio.
All’interno del carcere di Spini, nella saletta riservata agli incontri, un detenuto stava parlando con la moglie. Nessuno ha percepito un cambio del tono della voce o un gesto che avrebbe potuto far presumere che la coppia stesse bisticciando. Il dialogo si stava svolgendo tranquillamente, come appariva dalle immagini delle telecamere di sorveglianza. Eppure, con un’azione rapida e imprevedibile, l’uomo ha avvicinato la mano al viso della compagna: fra le dita teneva una lametta da barba, con cui l’ha sfregiata in volto tentando poi di colpirla alla gola. Un atto che potrebbe valere l’accusa di tentato omicidio.
Immediato l’intervento degli agenti di polizia penitenziaria, che hanno bloccato il detenuto, nato in Tunisia nel 1984 e residente a Trento, e prestato i primi soccorsi alla vittima, una quarantenne trentina.
La donna è stata trasportata in ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale Santa Chiara. Non è la prima volta che viene medicata al volto: lo scorso anno ebbe una prognosi di 41 giorni per le lesioni che il marito le provocò con una coltellata al collo, alla guancia ed all’orecchio. Ed è proprio per questo motivo che l’uomo è in carcere: sta scontando una condanna per lesioni gravissime - lo sfregio o la deformazione permanente del viso - con pena che da 6 anni in primo grado (10 gli anni chiesti dalla procura) è stata ridotta in appello. L’episodio era avvenuto nel giugno 2023, al rientro da una gita al lago di Piné. Motivo scatenante, secondo quanto dichiarato dallo stesso imputato, sarebbe stata la gelosia.
La coppia aveva discusso prima in un bar dell’altopiano, poi a Madrano, dove si era fermata per andare in un altro locale. L’aggressione era avvenuta nel momento in cui la donna era uscita dall’auto: il marito, con in mano un coltello con una lama da scuoiare lunga otto centimetri e mezzo, l’aveva raggiunta e sfregiata.
Eppure la vittima non si era costituita parte civile e aveva assistito al processo, nel settembre scorso, solo per poter rivedere il marito. E, terminata la lettura della sentenza, era corsa a riabbracciarlo prima che la polizia penitenziaria lo portasse di nuovo in carcere. Lo stesso imputato, davanti ai giudici aveva sostenuto di voler bene alla moglie e di non essersi accorto di averla ferita. Al di là della giustizia e di ciò che viene deciso nelle aule del tribunale, l’affetto e l’attenzione della donna nei confronti del marito non sarebbero mai venuti meno durante il periodo di detenzione
. Lei andava a trovarlo con regolarità nei giorni di visita e lui non ha mai avuto atteggiamenti aggressivi nei suoi confronti. Non risulta neppure che l’uomo abbiamo avuto comportamenti violenti all’interno del carcere, verso gli altri detenuti o verso gli agenti di polizia penitenziaria. Ciò che è successo martedì pomeriggio, durante l’ora di colloquio, è al di sopra di ogni possibile previsione, anche perché non c’erano campanelli d’allarme.
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