ANSIOSI per la batteria del cellulare scarica, nervosi per l’esaurimento del credito telefonico o per la mancanza della rete.
L’ossessione per lo smartphone, la cosiddetta 'nomofobia', oggi colpisce molte persone in tutto il mondo compresi molti italiani, da sempre molto attaccati al telefono. È quanto emerge da uno studio della Scuola di psicoterapia Erich Fromm, realizzata in occasione del XVIII Congresso mondiale di Psichiatria dinamica,
Il periodo del Coronavirus e del lockdown ha segnato l’avvento di una nuova patologia. La “nomofobia”. Da un lato lo smartphone ci ha uniti in un momento delicato della nostra storia e ci ha ingaggiato (per usare un termine di derivazione anglosassone) generando in sua assenza delle patologie simil abbandoniche a cui la psicologia deve rispondere ora con soluzioni terapeutiche più che innovative relative al trattamento delle dipendenze.
Cos’è la Nomofobia?
La nomofobia, “no – mobilphone – phobia”, chiamata anche sindrome da disconnessione è descritta come una forma di dipendenza tecnologica ed esprime la paura di rimanere sconnessi dal contatto di rete di telefonia mobile. Tra i rischi di chi soffre di nomofobia c’è quello di innescare un meccanismo di dipendenza patologica nella quale non si riesce più a fare a meno di una connessione internet e di un cellulare. La paura di essere disconnessi può portare ad esperire vissuti di ansia e depressione e anche la sola idea di essere senza smartphone genera malessere, irrequietezza e aggressività, come spiegano gli esperti della ssociazione nazionale dipendenze tecnologiche.
Chi ne soffre di più
Colpisce per lo più i giovani tra i 18 e i 25 anni, con bassa autostima e problemi relazionali. Con le zone rosse, cinema chiusi, divieto di ristoranti e locali è aumentato l’uso del cellulare e di conseguenza anche la patologia.
I sintomi
Sempre secondo gli esperti può portare a veri e propri attacchi di panico, con tanto di vertigini, tremore, mancanza di respiro e tachicardia in caso di assenza di rete mobile o di cellulare fuori uso.
Siamo tutti nomofobici?
Alcuni ricercatori della Iowa State University (USA) hanno stilato un questionario di autovalutazione. Ad esempio: sarei infastidito se non potessi accedere alle informazioni sul mio clleulare? Cercherei di recuperare a tutti i costi il segnale se lo perdessi? Proverei il bisogno di controllare il mio smartphone se per un po’ non potessi farlo? Se non lo avessi con me mi sentirei ansioso?
Le risposte sono probabilmente per la maggioranza di noi le stesse, soprattutto in un momento in cui i rapporti sociali sono stati stravolti completamente e l’uso del cellulare per rimanere conenssi col mondo è diventato fondamentale.
Cerchiamo sui Social un senso identitario
Secondo lo psicologo Franco Carola «oggi la visibilità va di pari passo col sentirsi amati ed apprezzati; avere un canale che permetta di essere rintracciabili diventa un modo per garantirisi un affetto sempre accessibile. I contatti via smartphone con amici di Facebook o follower sdi Instagram ad esempio, diventano così un gruppo di potenziali contatti umani che quando ci trovano, con un saluto, un messaggio o un like, leniscono il profondo dolore legato al senso di distanza e isolamento imperante».
#Viaggionelladigitaltransformation
Nessun commento:
Posta un commento
LASCIA UN TUO COMMENTO