«Tutto questo è generato dalla decennale politica di Israele, che sottopone i palestinesi a condizioni di vita a dir poco infernali. E questa esplosione, probabilmente, è il loro tentativo di dare segno di sé stessi».
È domenica pomeriggio e Moni Ovadia ci risponde a telefono dalla sua casa mentre le voci dei famigliari restano in sottofondo.
«Certo – premette – tutti noi proviamo un sentimento di solidarietà per le vittime, israeliane e palestinesi, oltre che un senso di angoscia per i sequestri. Ma non si può ignorare il contesto all’interno del quale sono scaturiti gli eventi di questi giorni: i palestinesi di Gaza vivono dentro una “scatola di sardine” sigillata che vede gli israeliani controllare i confini marittimi, lo spazio aereo, persino acqua ed elettricità. Non per niente l’Onu aveva già dichiarato Gaza non abitabile .
Per l’intellettuale ebreo, artista poliedrico e uomo di sinistra, che nel 2021 a Ferrara è stato chiamato da una giunta leghista a dirigere il Teatro Comunale, «allora è ovvio che le continue vessazioni, gli arresti amministrativi, le irruzioni notturne nelle case, la colonizzazione da parte di 700mila coloni delle terre di legittima proprietà dei palestinesi, siano culminati in un’esplosione di rabbia e di violenza». «Perché tutti – dice – aspirano a sentirsi liberi anche solo per un giorno». Il futuro, secondo Ovadia, rischia di assumere presto toni ancora più cupi. E già si contano un migliaio di morti, più di 700 israeliani e oltre 300 palestinesi. «La reazione israeliana di questo governo ultraconservatore (di Benjamin Netanyahu, primo ministro di Israele dal 29 dicembre 2022 e precedentemente dal 2009 al 2021 e tra il 1996 e il 1999, ndr) potrebbe diventare un eccidio di proporzioni fuori dalla portata di chi vuole cercare di riprendere il senso delle cose. E sappiamo chi sono i morti: non i terroristi ma i civili, uomini, donne, vecchi e bambini».(La Nuova Ferrara )
Nessun commento:
Posta un commento
LASCIA UN TUO COMMENTO