Secondo il sostituto procuratore di Busto Arsizio Ciro Caramore Irene Pivetti, insieme all’imprenditore Luciano Mega e ad altre sette persone, nel 2020 ha messo in piedi un sistema fraudolento proprio nel mesi drammatici della pandemia, approfittando dell’emergenza covid e della scarsità di mascherine.
Sono in tutto 92 i capi d’accusa elencati nella richiesta di rinvio a giudizio depositata in questi giorni a Busto Arsizio per l’ormai nota vicenda della fornitura di 10 milioni di mascherine inutilizzabili alla Protezione Civile nazionale, ma anche all'Asl di Napoli 3, all’Atm Genova e ad Estar Toscana, oltre ad una serie di aziende private.( lA rEP)
Irene Pivetti avrebbe collaborato, tra il 2018 e il 2019, «con soggetti chiaramente orbitanti in un contesto di criminalità organizzata» di «matrice camorrista» e sarebbe stata coinvolta in «attività di contrabbando di idrocarburi», anche se non è stato «possibile identificare» le "specifiche operazioni di contrabbando in relazione alle quali" avrebbe svolto «un ruolo attivo».
Lo scrivono i pm di Busto Arsizio (Varese) negli atti depositati con la chiusura dell’inchiesta a carico dell’ex presidente della Camera.
In un capitolo della richiesta di custodia cautelare per Pivetti e altri indagati, che risale a gennaio, respinta dal gip che dichiarò la competenza di Roma ad indagare (pure il Riesame di Milano fu sulla stessa linea), i pm tracciano un quadro del "coinvolgimento» di Pivetti in altre «gravi vicende criminali», che non riguardano, però, le imputazioni del caso mascherine, per le quali hanno già chiesto il processo. Per i pm l’ex esponente leghista, così scrivono, «non si è fatta alcuno scrupolo neppure di fronte alla prospettiva di collaborare attivamente con ambienti di criminalità organizzata».
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