Da il curiosone
IL LEGGENDARIO SASS DE LA PREJA BUJA -
SESTO CALENDE (VA)
Nella campagna di Sesto Calende, oltre l’Abbazia di San Donato e l’Oratorio di San Vincenzo esiste un angolo di verde magico, un luogo sacro all’epoca dei nostri antenati più lontani.
All’interno di questo bosco risiede un gigante imponente: il Sass da la Preja Büja, termine dialettale che si può tradurre con “pietra scura” o “pietra bucata”.
Si tratta di un’enorme pietra trascinata a valle dal ghiacciaio della Val d’Ossola a seguito dello scioglimento dei ghiacciai nel Quaternario, costituita prevalentemente da serpentinite e dunque di colore verde
Proprio per le sue dimensioni megalitiche, il sasso ha sempre rivestito un particolare ruolo cultuale e sacrale nel territorio.
Il masso erratico di Preja Buja è monumento naturale regionale vista la sua importanza storica e geologica.
La roccia bronzea racchiude in sé un arcano potere dovuto alle sue caratteristiche magnetiche: in questo luogo la bussola smette di funzionare e l'ago impazzisce!
In epoche antiche e remote, si pensa che il Sass da Preja Buia fosse utilizzato come altare sacrificale. Lo si deduce dai numerosi graffiti simili alle incisioni rupestri e coppelle poste su una seconda pietra, più piccola, collocata ai piedi del masso vero e proprio.
Data la sua origine antica, il Sass de Preja Buia, ha stimolato la fantasia popolare producendo diverse leggende.
Su questa pietra sacra, adibita ad altare, si praticavano riti pagani con una valenza simbolica legata al culto della fertilità, culto che si è protratto sino all'inizio del secolo scorso; le giovani spose si recavano infatti al masso, simbolo di maternità a chiedere, agli dei pagani prima e al Dio cristiano poi, la grazia di poter generare un figlio e la protezione della creatura che custodivano in grembo durante la gravidanza. ( Facevano tre giri intorno e rimanevano incinte-ndr )
La leggenda narra che tanto tempo fa qui viveva un pescatore con moglie e bambini che divenne l’amante di Venere, la dea della bellezza, ma come accade a tutti i mortali che si innamorano di una divinità così anche per il pescatore la sorte non fu favorevole.
Giove venne a sapere la cosa e geloso punì il pescatore trasformandolo in un drago.
La famiglia cercò il pescatore invano, temendo che fosse morto in mare.
Una sera, la dea Venere andò a trovare il suo amato e vedendolo trasformato in drago lo esortò a bruciare tutta la città.
Divampò così un grandissimo incendio, che arrivò fino alla casa della moglie del pescatore.
Questa prese i figlioletti e scappò via, inseguita dalle fiamme.
Ma durante la fuga entrambi i figli morirono e la donna, disperata, decise di rimanere con loro coprendoli con il suo corpo come una chioccia con i pulcini, per proteggerli.
Fu così, in questa posizione, privi di vita, che gli abitanti del villaggio li trovarono tre giorni più tardi, al ritorno in paese dopo avere sconfitto il drago.
Commossi da questo amore materno disposero i funerali ma il giorno seguente, tornati nel luogo in cui i tre sventurati giacevano, trovarono una grande chioccia d’oro, con le ali aperte, mentre difende la covata: ovvero il masso della preja buja, il cui colore bronzeo ricorda i riflessi di una statua in metallo e la forma quella di una gallina accovacciata.
E il drago che fine ha fatto? Oggi sulle rive del lago si trova una fossa definita “La fossa del drago” dove probabilmente potrebbe nascondersi il drago sconfitto dai Sestesi…
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