Cara Debora Serracchiani, la sua sembrava una di quelle rare storie che riconciliano con la politica: la giovane sconosciuta del Pd di Udine che prende la parola all’Associazione dei Circoli, conquista la platea cantandole al segretario Franceschini e da lì vola sulla scena nazionale. Sembrava una fiaba.
Sembrava, perché a vederla oggi, vicesegretario del Pd renziano, la sensazione è quella di un gigantesco abbaglio. In quell’ormai lontano 2009 scandiva: “Non ci possiamo riconoscere in un Paese che non tassa i ricchi solo perché pensa che siano troppo pochi”. Applausi. “Il problema è aver fatto fare a Di Pietro opposizione da solo su temi che ci appartengono, come il conflitto d’interessi e la questione morale”. Ovazione. Ma ora che guida il partito di governo, che fine hanno fatto quei temi e quei provvedimenti?
La distanza – abissale – tra le sue parole di ieri e l’oggi non si ferma qui. Nel 2011 scriveva: “Il dibattito sul mercato del lavoro si sta riducendo a un referendum sull’art. 18, e questo è quanto di più sbagliato e lontano dagli interessi dei lavoratori possa fare la politica”; nel 2012 se la prendeva con la Confindustria e il Pdl, che volevano modificare ulteriormente quell’articolo rispetto alla legge Fornero: “Il campo del licenziamento soggettivo e disciplinare per definizione non ha alcun collegamento con la crisi economica e la necessità di fronteggiarla”. Oggi, invece, va bene farsi dettare il Jobs Act dalla Confindustria anche sui licenziamenti soggettivi, l’art. 18 si può rottamare e la riforma con Renzi diventa – parole ancora sue – “di sinistra”.
Nel 2013 era addirittura “incazzata”: “Quando ho sentito il nome di Marini ho ripensato alla Bicamerale. Poi ho visto la foto di Bersani che abbracciava Alfano e ho pensato: abbiamo toccato il fondo” – disse alla Stampa quando si doveva decidere il capo dello Stato – “Berlusconi è una malattia da cui non guarisco. Come quei fastidi che ti fanno dire: sono 20 anni che ho la psoriasi. L’Italia merita qualcosa di diverso”. E invece, col suo segretario-premier, avete prolungato l’infiammazione a tutti gli italiani stringendo un patto con un condannato e decaduto dal Parlamento (almeno durante la Bicamerale non lo era), che – l’ha detto ancora lei a luglio – “è sempre il benvenuto, ci dà più garanzie del M5S”, e con Alfano siete passati dall’abbraccio al bacio di governo, scavando sul fondo. L’Italia – lo dico io a lei – si meritava qualcosa di diverso.
Cara Serracchiani, la sua metamorfosi è innegabile!
( Luisella Costamagna )
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