"Il teatro è l'antidoto contro l'imbecillità della TV "
«Lo yiddish non ha grammatica, viene parlato senza sosta e non trova pace. Tutto questo tedesco, ebraico, francese, inglese, slavo, olandese, rumeno e perfino latino che vive in esso è preso da curiosità e da leggerezza, ci vuole una certa energia a tenere unite le varie lingue in questa forma». Così Franz Kafka descriveva alla borghesia ebraica praghese la mamelushn, ovvero la lingua madre.
Dopo la Shoah, lo yiddish, la lingua parlata dalle comunità ebraiche dell’est e del centro Europa, ha rischiato di perdersi per sempre. Con lo sterminio del popolo ebraico da parte dei nazisti e la distruzione dei circa diecimila Shtetl, le piccole cittadine dove vivevano la maggior parte degli ebrei, era scomparsa quella straordinaria energia vitale che alimentava la più giovane lingua europea. Oggi lo yiddish sopravvivenel teatro, nella musica e nella letteratura, grazie all’opera di chi, come Moni Ovadia, da molti anni porta sul palcoscenico una parte di quel mondo andato perduto. ( Da VN )
Dopo la Shoah, lo yiddish, la lingua parlata dalle comunità ebraiche dell’est e del centro Europa, ha rischiato di perdersi per sempre. Con lo sterminio del popolo ebraico da parte dei nazisti e la distruzione dei circa diecimila Shtetl, le piccole cittadine dove vivevano la maggior parte degli ebrei, era scomparsa quella straordinaria energia vitale che alimentava la più giovane lingua europea. Oggi lo yiddish sopravvivenel teatro, nella musica e nella letteratura, grazie all’opera di chi, come Moni Ovadia, da molti anni porta sul palcoscenico una parte di quel mondo andato perduto. ( Da VN )
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