Nel 1938 Eva e Franco Sauer avevano 12 e 9 anni. Vivevano con i genitori a Lentate, in una grande fattoria chiamata "Cascina Piana" dal nome del luogo in cui è stata costruita, detto appunto la "Piana". La fattoria è caratterizzata da un grosso silos di cemento e si può osservare ancora oggi percorrendo la strada immersa nel verde che da Sesto Calende conduce a Taino. I Sauer però, in quella casa non ci sono più.
A scrivere di loro e della loro fuga «in cerca di un'altra patria» è stato nientemeno che Gianni Rodari che arrivò alla Cascina Piana, nell'inverno tra il 1937 e il 1938. Chiamato dal dottor Sauer, Rodari fece a Lentate la sua prima esperienza di insegnante che raccontò con affetto, anni più tardi, nella sua "Grammatica della fantasia" (1973): «In seguito alla raccomandazione di una maestra, moglie di un vigile urbano venni assunto per insegnare l'italiano ai bambini in casa di ebrei tedeschi che credevano - lo credettero per pochi mesi - di aver trovato in Italia un rifugio contro le persecuzioni razziali».
Rodari, prima di diventare il maestro delle scuole elementari di Ranco, in quel periodo si trasferì alla Piana: «Vivevo con loro in una fattoria sulle colline presso il lago Maggiore. Con i bambini lavoravo dalle sette alle dieci del mattino. Il resto della giornata lo passavo nei boschi a camminare e a leggere Dostoevskij. Fu un bel periodo, finché durò. Imparai un po' di tedesco e mi buttai sui libri di quella lingua con la passione, il disordine e la voluttà che fruttano a chi studia cento volte più che cento anni di scuola». I fratellini Eva e Franco, non furono tra l'altro gli unici suoi allievi. Nella fattoria furono ospitati anche altri ragazzini ebrei, figli di genitori della zona o di passaggio.
Le lezioni di italiano nella cascina terminarono purtroppo poco tempo dopo, quando la famiglia, per l'entrata in vigore delle leggi razziali, fu costretta nuovamente a fuggire. L'addio a Lentate e il successivo ritorno sono stati ricostruiti da
A scrivere di loro e della loro fuga «in cerca di un'altra patria» è stato nientemeno che Gianni Rodari che arrivò alla Cascina Piana, nell'inverno tra il 1937 e il 1938. Chiamato dal dottor Sauer, Rodari fece a Lentate la sua prima esperienza di insegnante che raccontò con affetto, anni più tardi, nella sua "Grammatica della fantasia" (1973): «In seguito alla raccomandazione di una maestra, moglie di un vigile urbano venni assunto per insegnare l'italiano ai bambini in casa di ebrei tedeschi che credevano - lo credettero per pochi mesi - di aver trovato in Italia un rifugio contro le persecuzioni razziali».
Rodari, prima di diventare il maestro delle scuole elementari di Ranco, in quel periodo si trasferì alla Piana: «Vivevo con loro in una fattoria sulle colline presso il lago Maggiore. Con i bambini lavoravo dalle sette alle dieci del mattino. Il resto della giornata lo passavo nei boschi a camminare e a leggere Dostoevskij. Fu un bel periodo, finché durò. Imparai un po' di tedesco e mi buttai sui libri di quella lingua con la passione, il disordine e la voluttà che fruttano a chi studia cento volte più che cento anni di scuola». I fratellini Eva e Franco, non furono tra l'altro gli unici suoi allievi. Nella fattoria furono ospitati anche altri ragazzini ebrei, figli di genitori della zona o di passaggio.
Le lezioni di italiano nella cascina terminarono purtroppo poco tempo dopo, quando la famiglia, per l'entrata in vigore delle leggi razziali, fu costretta nuovamente a fuggire. L'addio a Lentate e il successivo ritorno sono stati ricostruiti da
Vittorio Vezzetti, nel libro "Rodari e il lago", edito dai Comuni di Ranco e di Angera e da Altre Latitudini (2010). «I Sauer sono emigrati in Canada - racconta l'autore - riuscendo così a mettersi in salvo e, circa una ventina di anni fa, sono tornati a vedere la loro vecchia dimora durante una vacanza in Italia. Erano una famiglia agiata e oltre alla Cascina Piana possedevano la vicina Cascina Molino».
L'attività agricola funzionava bene e per i Sauer lavoravano diversi operai. Il capofamiglia, oltre ad averla rilevata, aveva avviato un lavoro di ristrutturazione edilizia. Come confermano oggi alcuni residenti della zona, la loro fattoria si distingueva dalle altre anche per gli elementi strutturali che erano particolari e diversi dalla tradizione architettonica locale.
«Quando compresero la pericolosità della situazione decisero di scappare e di cedere in fretta e furia l'azienda a una società di Bergamo». Il passaggio di proprietà avvenne nel 1939. «Anche questo aspetto resta in parte un mistero - prosegue Vezzetti -. Le leggi razziali di Mussolini proibivano agli ebrei operazioni di compravendita, eppure questa riuscì. I Sauer si rimisero in viaggio e questa volta per una meta molto più lontana».
L'attività agricola funzionava bene e per i Sauer lavoravano diversi operai. Il capofamiglia, oltre ad averla rilevata, aveva avviato un lavoro di ristrutturazione edilizia. Come confermano oggi alcuni residenti della zona, la loro fattoria si distingueva dalle altre anche per gli elementi strutturali che erano particolari e diversi dalla tradizione architettonica locale.
«Quando compresero la pericolosità della situazione decisero di scappare e di cedere in fretta e furia l'azienda a una società di Bergamo». Il passaggio di proprietà avvenne nel 1939. «Anche questo aspetto resta in parte un mistero - prosegue Vezzetti -. Le leggi razziali di Mussolini proibivano agli ebrei operazioni di compravendita, eppure questa riuscì. I Sauer si rimisero in viaggio e questa volta per una meta molto più lontana».
24/01/2014
Maria Carla Cebrelli per Varesenews
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