Dopo aver
espresso piena fiducia ad un inetto ministro degli interni, fioccano le prese
di posizione ed i “ distinguo “ nel PD di fronte ad una base sempre meno
disposta a tollerare l’asservimento a Berlusconi .Il senatore PD Walter
Tocci, su l’Unità del 20 luglio scrive che “ avremmo dovuto ottenere la revoca della delega al Ministro dell’Interno
“….mentre “ la sua permanenza sarà fonte di ricatti …e di ulteriori passaggi
traumatici .E’ UNO DEI PIU’ GRAVI EPISODI DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA …UNO
SMACCO PER L’IMMAGINE INTERNAZIONALE ,PROPRIO SU QUELLA GARANZIA DEI DIRITTI
UMANI CHE DOVREBBE ASSERE SACRA IN DEMOCRAZIA “
Queste frasi
sono di un senatore del PD ,non di Vendola o di Grillo !
Questa
brutta pagina è soprattutto,
la dimostrazione che la scelta di gettarsi nell’ammucchiata di governo con il
partito di Silvio Berlusconi è stata un errore grave e
dalle conseguenze prevedibili . Il prezzo pagato finora sull’altare di un
malinteso concetto di governabilità è stato salato, ma rischia di diventare
salatissimo nei prossimi mesi.
E soprattutto ancora una
volta paga il Paese .
Quando il senatore afferma
che la presenza di Alfano è “ fonte di “ ulteriori passaggi traumatici “ è
cosciente che ce ne sono già stati a bizzeffe …e ce ne saranno altri .
La coperta offerta a un
ministro degli Interni ridicolamente superficiale, se non colluso, con un’operazione della
quale il Paese deve vergognarsi, è stata preceduta da altri episodi assai poco
edificanti, come il consenso alla sospensione dei lavori della Camera imposto
da un Pdl in trincea contro una decisione della magistratura giudicante, il traccheggiare
sulla legge di riforma del finanziamento ai partiti, e soprattutto l’incertezza
e i rinvii di fronte ai diktat del Pdl sull’abolizione dell’Imu. C’è da
chiedersi che cosa succederà quando di qui a poco i nodi giudiziari del
Cavaliere arriveranno al pettine e il Pd,
finora silente e imbarazzato sulla questione, dovrà in qualche modo
prendere una posizione chiara.
Questo
è il governo del rinvio . L’unico vero provvedimento dell’esecutivo per
fronteggiare la crisi economica ancora dilagante è stato un decreto
pomposamente definito “del fare” e
che invece più propriamente si sarebbe dovuto chiamare “del dire e non dire “ In attesa di un cambio di rotta,
il governo delle larghe intese sul
nulla appare sempre più la
zattera sulla quale il vecchio gruppo dirigente del Partito democratico è
salito dopo il naufragio elettorale del febbraio scorso e al quale resta
aggrappato aspettando che dagli Stati Uniti arrivi un refolo di ripresa
economica e, soprattutto, che il tempo rosoli per bene Matteo Renzi e chiunque
altro prefiguri un’alternativa all’antico andazzo.
Di
fronte a questo spettacolo fa sorridere rammentare
gli azzardati paragoni con il coraggio di Moro e Berlinguer negli Anni Settanta
che salutarono la nascita del governo Letta.
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