Nel mese di ottobre l'Italia ha fatto incetta di richiami, specialmente in tema ambientale .
Tutti i paesi membri, secondo la legislazione, sono tenuti ad analizzare i propri bacini idrografici ed elaborare i rispettivi piani d’emergenza per prevenire eventuali alluvioni, non solo in caso di catastrofi naturali, ma anche nell’eventualità di un malfunzionamento delle infrastrutture stesse.
Nella sua trasposizione della direttiva europea l’Italia, però, non ha tenuto conto della seconda possibilità. Siamo, così, pronti a gestire un’inondazione magari dovuta a uno tsunami, ma se una diga si rompe non abbiamo un piano B.
La Commissione aveva già inviato una lettera di richiamo al governo italiano, il quale nel marzo e poi nel maggio scorso aveva risposto garantendo che sarebbe corso ai ripari entro la metà del 2012. Nella lunga attesa Bruxelles ha inviato al nostro governo tecnico un “parere motivato”, il secondo passaggio nella procedura d’infrazione UE, al quale, se l’Italia non prenderà provvedimenti, seguirà un ricorso alla Corte europea di giustizia europea.
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