venerdì 30 dicembre 2011

condannato l'ultimo dittatore argentino


Reynaldo Benito Antonio Bignone Ramayón, di origini italiane, aveva appoggiato il golpe di Rafael Videla del 24 marzo 1976, ed aveva partecipato alla grande repressione attuata da quest’ultimo, tanto da divenire vice comandante della base militare di Campo de Mayo. Base militare collocata a 30 km da Buenos Aires, tristemente famosa perché utilizzata, durante la dittatura, come centro di tortura dei prigionieri politici, oppositori del regime, e neonati desaparecidos, strumenti fondamentali di quella che in seguito è stata definita “la guerra sucia” (la guerra sporca).
In seguito al fallimento dell’invasione delle Isole Malvine, l’1 luglio 1982, Bignano ha sostituito il dittatore Leopoldo Galtieri, assumendo la presidenza dell’Argentina, con lo scopo di gestire la transizione democratica del Paese.

Come ‘premio’ per aver indetto le elezioni già nell’ottobre del 1983, il radicale Raul Alfonsin, eletto dal popolo, ha accettato di firmare l’amnistia per tutti i crimini commessi durante la dittatura.
Nonostante ciò, nel 2006 Bignone è stato arrestato e messo ai domiciliari, e nel 2010 è stato condannato a 25 anni di reclusione per crimini contro l’umanità, fra cui sequestri e 56 casi di torture di prigionieri politici.
Un altro passo verso la fine dell’impunità in Argentina. Le Madri di Plaza de Mayo sono soddisfatte anche stavolta, anche se è tanto il lavoro da fare ancora. Soprattutto se si considera che secondo il Centro di studi legali e sociali(Cels) sono state quasi 1.500 le persone incriminate formalmente di aver commesso crimini contro l’umanità durante la dittatura, e di questi solo 74 sono stati giudicati colpevoli. Inoltre, mentre i dati ufficiali parlano di circa 13.000 persone uccise tra il 1976 e il 1983, le organizzazioni in difesa dei diritti umani affermano che potrebbero essere stati 30.000 i morti per i quali urge far giustizia.
Il Tribunal federal Oral 2 di Buenos Aires ha condannato ancora una volta l’ultimo dittatore del Paese, il generale Reynaldo Bignone. Ieri la sentenza: 15 anni di prigione (anni che sconterà ai domiciliari, data la sua avanzata età) per delitti contro l’umanità, commessi all’interno di un carcere clandestino di un ospedale pubblico, durante il regime militare, tra il 1976 e il 1983.
Assieme a lui sono stati condannati anche l’ex ufficiale dell’aeronautica, Hipolito Rafael Mariani, e Luis Muina, per privazione della libertà e tortura su persone illegalmente detenute negli anni della dittatura.
La condanna a Bignone si somma ai due ergastoli a cui l’ex generale, oggi 83enne, è stato condannato nei precedenti processi. Intanto è in corso un altro processo che lo vede protagonista: quello sulla scomparsa di bambini neonati e di oppositori politici tra il ’76 e l’83. Proprio su questo argomento la polemica in Argentina è ancora aperta. Bignone, il dittatore che portò il Paese verso la democrazia, all’epoca aveva imposto l’approvazione di una legge di Amnistia, annullata nel 2003 in quanto dichiarata incostituzionale, che ordinava la distruzione di tutta la documentazione sui detenuti, sulle torture da essi subite, sugli omicidi, sulle ‘sparizioni’ e violazione dei diritti umani avvenuti sotto la sua dittatura

Nessun commento:

Posta un commento

LASCIA UN TUO COMMENTO